Ho alle spalle 35 anni di esperienza nel mondo della fotografia professionale (servizi e immagini per l’editoria, fotografia sociale, ritrattistica, ecc.), ma trovo nella fotografia teatrale e di spettacolo la maggior ispirazione.

Lavoro e ho lavorato per Danzastudio di Varazze, DanzArenzano, per il Teatro dell’Opera Giocosa, Off Jazz Center di Nizza, il Festival Internazionale del Mandolino, Just like a Woman, per l’Orchestra Ligure a Pizzico e per la Cooperativa Teatrale La Polena, per il Festival Teatrale di Borgio Verezzi, il Teatro Comunale G. Chiabrera di Savona, l’Orchestra Sinfonica di Savona e il Noli Musica Festival.

Per me, la fotografia di scena non è soltanto un lavoro ma è divenuto il mio campo di azione prediletto perché è in esso che si incontrano le mie due grandi passioni: il teatro appunto e la comunicazione per immagini. Alla base del mio lavoro, infatti, c’è l’ intento di coniugare la visione artistica con una sensibilità squisitamente umanistica, ed è in questo modo che consento al fruitore dei miei servizi fotografici di riappropriarsi della capacità di leggere l’immagine.

Ponendomi come obiettivo il fatto che l’artista non è il fotografo ma chi sta sul palcoscenico, non faccio differenza tra un concerto rock e un’opera lirica, tra una pièce teatrale, un balletto o l’esibizione di un quartetto d’archi perché, forte di una lunga esperienza sul campo, contemporaneamente alla tecnica fotografica specifica per le scene, ho sviluppato le competenze indispensabili per cogliere – in sala, sul palcoscenico, nei backstage, in prova – i momenti cruciali, le espressioni icastiche, senza che mai venga meno il rispetto per l’artista che si esibisce e per le professionalità che concorrono alla riuscita di uno spettacolo. In tal senso, curo l’utilizzo di apparecchiature idonee al mio lavoro ma che non arrechino disturbo allo spettatore.

La mia idea dell’immagine di scena nasce dal bisogno di rappresentare un’integrazione (in certi casi un’anticipazione) di ciò che il pubblico vede durante lo spettacolo e, a questo scopo, prediligo l’inquadratura da fondo sala, immaginando così un ulteriore occhio in grado di cogliere le inquadrature più efficaci che l’esperienza, lo studio e l’istinto mi suggeriscono.

Ogni immagine di scena parla un linguaggio comprensibile a tutti ma, nello stesso tempo, apre a chi guarda un mondo altrimenti inattingibile fruendo l’intrattenimento dalla sala o dai palchi.

La conoscenza dei testi rappresentati, cantati, ballati o delle musiche eseguite, mi consente di mantenere l’occhio del professionista ma nella consapevolezza del bisogno di ricreare con la fotografia l’empatia a cui l’artista dà vita sulla scena, fissando così in un istante ripetibile a ogni visione della fotografia, l’istante della rappresentazione che è irripetibile per definizione.

In questo senso non parlo di arte ma di metodo di lavoro consolidato negli anni e mai disgiunto da un’etica professionale basata sull’educazione, sul rispetto e sulla possibilità di condividere il proprio bagaglio di conoscenze con gli allievi che negli anni seguono i miei corsi e che saranno i fotografi di domani.